Tutti le canzoni di Trio Lescano
Fu attivo, nella citata formazione, tra circa il 1936 e il 1943; nel 1946 Catharina Matje lasciò il gruppo e fu sostituita da Maria Bria.
Storia
Il debutto e il successo
Le tre sorelle Leschan (Alexandrina, nata a Gouda il 29 luglio 1910, Judike Catharina, nate entrambe all'l'Aia|Aia rispettivamente l'8 agosto 1913 e il 23 novembre 1919) erano figlie di un contorsionista ungherese (Alexander Leschan, nato a Budapest il 24 gennaio 1877) e di una cantante d'operetta, ebrea olandese, Eva De Leeuwe (nata ad Amsterdam il 20 gennaio 1892). Molti loro parenti erano musicisti: il nonno David De Leeuwe (Amsterdam, 1854-1940) era violinista, e tre zii pianisti.
Nei Paesi Bassi, dove erano nate e cresciute, lavorarono come acrobate in spettacoli circensi.
Nonostante fossero di nascita e lingua olandese, le tre sorelle furono cittadine ungheresi fino alla naturalizzazione italiana.
In seguito a un infortunio il padre rimase invalido e la madre, artista di varietà, decise di creare una formazione di ballo acrobatico: a lei però si unirono soltanto le due sorelle più grandi, Alexandrina e Judik, sotto la guida del manager Enrico Portino, e crearono insieme il corpo di ballo The Sunday Sisters, cominciando ad esibirsi in Europa, in Siria e in Libano; Catharina, ancora troppo piccola, rimase in un collegio ad Amsterdam.
Nel 1935 arrivarono a Torino, dove vennero notate dal maestro Carlo Prato, direttore artistico della sede torinese dell'EIAR, che decise di prepararle vocalmente come trio specializzato in canto armonizzato.
Il primo riferimento americano al Trio Lescano furono le Boswell Sisters.
Le tre sorelle furono messe sotto contratto dalla Parlophon, etichetta discografica allora distribuita dalla Cetra, con il nome di Trio Vocale Sorelle Lescano (abbreviato in Trio Lescano), i loro nomi furono italianizzati e il primo disco, Guarany Guaranà, fu inciso il 22 febbraio del 1936, con l'Orchestra della Canzone dell'EIAR di Cinico Angelini, e pubblicato nel marzo successivo.
Nel corso della loro carriera spesso accompagnarono cantanti celebri come Ernesto Bonino (La famiglia canterina di Bixio e Cherubini), Enzo Aita (Ma le gambe, di Bracchi e Giovanni D'Anzi|D'Anzi), Maria Jottini (Maramao perché sei morto di Consiglio e Panzeri), Oscar Carboni (Firenze sogna, di Cesare Cesarini, Ti pi tin e Lungo il margine del fiume) e Silvana Fioresi (Pippo non lo sa di Kramer e Il pinguino innamorato di Casiroli, Consiglio e Rastelli).
Corposo fu anche il repertorio di canzoni tutte loro, soprattutto di genere swing, tra le quali ricordiamo Tulipan (canzone tradotta dall'olandese con musica di Maria Grever e versione italiana di Riccardo Morbelli).
Lo stile del trio era basato su raffinati virtuosismi vocali, su armonizzazioni swing e jazz. Grazie alla radio, divennero in breve tempo così famose da essere invitate a corte dal Umberto II d'Italia|Principe Umberto di Savoia; in uno dei ricevimenti persino Benito Mussolini manifestò loro la sua ammirazione.
Gli anni fra il 1939 e il 1941 furono fondamentali nella loro storia: la popolarità era cresciuta tanto che vennero chiamate a inaugurare le trasmissioni sperimentali della "radiovisione", la futura televisione. Nel 1940 apparvero con un numero musicale (Oh! Mamà) nel film diretto da Giacomo Gentilomo e dedicato all'EIAR Ecco la radio!.
Il 30 marzo 1942, su proposta di Benito Mussolini, Vittorio Emanuele III concesse loro la cittadinanza italiana e la notizia - nonostante le angustie dovute al periodo bellico - ebbe grande risonanza sui quotidiani che per loro - come è stato ricordato nello spettacolo Non ce ne importa niente delle Sorelle Marinetti - avevano coniato definizioni come Le tre grazie del microfono, Il fenomeno del secolo, Le sorelle che realizzano il mistero della trinità celeste.
Nel 1943 partecipano alla rivista Sognamo insieme di Nelli e Mangini, con Wanda Osiris (in quel periodo Vanda Osiri), Carlo Dapporto, Letizia Gissi, Nino Gallizio e Gianna Giuffré, con musiche originali di Giuseppe Anapeta, coreografie di Vera Petri e regia dello stesso Mangini.
Descrizione di Wikipedia (articolo originale)